Domande potenti, Come Usarle per Favorire Benessere e Performance

Un manager che affianco  in un percorso di coaching mi ha raccontato una situazione che lo ha spiazzato. Premetto che si tratta di un manager che guida un team di sviluppatori e che ha scelto, insieme a me, di stimolare una cultura di trasparenza e collaborazione, mettendo davvero al centro le persone. È una base solida, fondamentale, per garantire performance eccellenti.

La situazione in questione riguarda una semplice domanda: come stai?

Non una domanda fatta distrattamente, come saluto di circostanza, ma posta in un momento preciso: durante il check-in, all’inizio di un meeting, per sintonizzare il team sul qui e ora.

Pensa a quanto potente possa diventare questa domanda. Ci sembra naturale dirla ogni giorno, ma posta in un contesto di team, con l’intento di ascoltare davvero le persone, assume una profondità diversa.

Il giro di risposte parte: “da lunedì mattina”, “carico”. Ma poi arriva la risposta che ha spiazzato il manager:

“Mi sento in burnout. La causa principale? Le scadenze.”

In quel momento il manager ha percepito che c’era un problema, ma non ha saputo come reagire. Ha preferito ascoltare senza aggiungere altro, ma il giorno dopo, durante una sessione con me, mi ha raccontato l’accaduto e confessato di essersi sentito impreparato. Abbiamo riflettuto insieme.

La coerenza tra metodi e valori

È emerso un punto cruciale: anche gli strumenti più semplici – come un check-in o la domanda “come stai?” – richiedono consapevolezza e capacità di gestione. Quando scegliamo di mettere al centro il benessere delle persone, dobbiamo essere pronti a gestire le risposte, soprattutto quando sono difficili.

Se ci pensi, c’è una profonda coerenza tra performance e benessere.

Nello sport, questa connessione è evidente: chiunque sa che, se non stai bene, non puoi performare al meglio. In azienda, invece, la narrativa spesso è diversa.

Performance = pressione.

Benessere? “Non abbiamo tempo.”

Così non ci chiediamo come stiamo davvero, e intanto ci lamentiamo dei risultati che non arrivano.

La cultura della performance è la cultura del benessere

Il mio consiglio non è quello di prenderci cura del benessere di tutti a ogni costo – questo non è realistico – ma di sviluppare la consapevolezza che buone performance nascono dallo stare bene.

Non parliamo nemmeno di eccellenza: se non stiamo bene, difficilmente possiamo raggiungerla.

Proviamo allora a chiederci, prima di tutto, come sto?. Quando performo meglio? Quanto il mio stato di benessere influenza la qualità del mio lavoro?

Questa consapevolezza, che applichiamo prima su noi stessi, può diventare una lezione preziosa quando ci relazioniamo con gli altri: colleghi, collaboratori o membri del team.

Agire dopo la domanda

Il manager di questa storia ha dimostrato una cosa importante: ascoltare senza giudizio. È il primo passo.

Il secondo passo, però, è agire: individuare le cause di malessere, riflettere sulle priorità e creare le condizioni per conciliare benessere e obiettivi.

A volte, però, la difficoltà non sta solo nel reagire, ma nel farlo tempestivamente. Nonostante i nostri ragionamenti, il manager non aveva ancora trovato il momento per confrontarsi con il suo collaboratore.
 

Qualche giorno dopo, però, mi arriva un suo messaggio:

“Sentito Alessio. Ho fatto bene, anche se in ritardo. Lui ha apprezzato e mi ha spiegato il motivo. Molto bene. Grazie per aver insistito!”

Questa è la vera chiave: ascoltare, riflettere, ma soprattutto agire. Perché, se chiediamo “come stai?” e poi ignoriamo la risposta, rischiamo di trasformare un potente strumento in un gesto vuoto.

In fondo, coerenza significa proprio questo: far sì che i metodi che utilizziamo riflettano i valori in cui crediamo. E i risultati – in termini di performance, relazioni e leadership – non tarderanno ad arrivare.

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