Quando ho iniziato a fare coaching, soprattutto con i team, la mia preoccupazione (tra le tante) era trovarmi di fronte a persone sconosciute e, soprattutto, estremamente diverse tra loro. Età, esperienza, valori, modalità di apprendimento, gusti personali, fino al tifo calcistico senza dimenticare le sfumature caratteriali: dai più timidi a quelli che non riescono a stare in silenzio o fermi un attimo. Insomma, una varietà infinita.
Mi chiedevo spesso: Se siamo tutti così diversi, come posso essere efficace? È possibile davvero esserlo?
Il tempo e l’esperienza mi hanno dato la risposta. Ogni giornata di coaching è stata positiva, alcune più standard, altre memorabili e cariche di emozioni che ancora porto con me. Ma il dubbio è rimasto: perché gruppi così eterogenei riescono sempre a lavorare bene insieme?
La risposta è che partivo da un presupposto sbagliato: ciò che chiamiamo ‘diversità’ è in realtà ‘unicità’. Siamo tutti unici, ma non siamo poi così diversi.
E allora, in cosa siamo uguali?
Questa è una domanda fondamentale per chiunque abbia un ruolo di guida, sia per una giornata, come nel mio caso, sia per anni, come accade tra manager e team. Comprendere questo punto aiuta a scrollarsi di dosso il peso dell’idea di dover accontentare tutti in modo diverso. Non è necessario. Spesso basta poco per rendere il nostro lavoro (e quello degli altri) più semplice e motivante.
L’importanza di essere ‘visti’
INei miei workshop, uso un metodo per creare subito un clima positivo: chiedo ai partecipanti di raccontare qualcosa di bello, come i loro programmi per le vacanze o una soddisfazione lavorativa recente. Nel caso delle vacanze le risposte sono giustamente tutte diverse, nel caso della soddisfazione lavorativa il filo conduttore è sempre lo stesso: qualcuno ha riconosciuto il loro lavoro.
“Ho ricevuto i complimenti per un progetto.”
“Un cliente mi ha dato un feedback positivo.”
“Il mio capo ha apprezzato il mio impegno.”
Essere ‘visti’ e ‘riconosciuti’ è un bisogno universale, eppure è spesso sottovalutato. Studi come quelli di Gallup e tanti altri sulla motivazione dei dipendenti dimostrano che il riconoscimento sul posto di lavoro ha un impatto diretto forte sul coinvolgimento e sulla produttività. Ignorarlo significa perdere una leva fondamentale per il successo di un team. Nei peggiori casi, viene addirittura ignorato di proposito come quei manager che pensano: Se ti dico che hai fatto un buon lavoro, poi ti monti la testa.
Ecco la mia lezione più grande: sì, siamo tutti diversi in quanto unici, ma abbiamo tutti bisogno di sentirci riconosciuti. A volte, un semplice “Bravo!” può fare la differenza.