ll Manager come Preparatore Atletico

Parlando dalla mia esperienza di coach, mi capita spesso di ricevere interi team da “preparare”. In questi casi, la mia prima domanda è: “Li preparo per quale sfida?” Le risposte di solito sono: “ad avere più leadership”, “a gestire il tempo”, “devono essere più proattivi”. La mia seconda domanda è: “Ok, se avessero tutte queste cose in più, quali sfide vincerebbero?” Da questo momento inizia la vera discussione.

Le sfide a cui mi riferisco sono il motore di ogni percorso di formazione. Per identificarle in modo pratico, suggerisco di partire da una conversazione diretta tra manager e team: chiedete quali ostacoli incontrano ogni giorno, quali obiettivi faticano a raggiungere e cosa impedisce loro di esprimere al massimo le proprie potenzialità. Ad esempio, in un team commerciale potremmo scoprire che la vera sfida non è solo “essere più proattivi”, ma trovare strategie efficaci per gestire obiezioni complesse dei clienti in fase di negoziazione. Da qui, la formazione prende una direzione chiara, mirata a superare quegli ostacoli specifici. Né l’HR né io stesso come coach possiamo conoscerle a priori. Bisogna cambiare prospettiva: immaginate di essere un manager alla guida di un team vincente. Cosa state vincendo? Contro chi? Di cosa è fatto un team vincente?

Dovrebbe essere quindi una priorità del manager occuparsi della formazione delle sue persone. Spesso questo compito viene interamente delegato alle funzioni HR, quando sarebbe invece opportuno creare un dialogo a tre: manager, HR e collaboratore. Tendiamo a sacrificare le cose importanti sull’altare del “ci sono altre urgenze”, ma possiamo invertire questa tendenza creando momenti dedicati alla riflessione strategica. Una semplice pratica potrebbe essere quella di pianificare incontri periodici con il team per identificare le sfide principali e strutturare percorsi di crescita mirati. Il consiglio è di dedicare molto più tempo a progettare la formazione di una persona, ponendo le sfide del team al centro di questo processo.

La progettazione della formazione deve partire dalle sfide concrete che il team affronta o affronterà. Non basta pensare allo sviluppo generico di competenze: occorre chiedersi quali risultati si vogliono ottenere e quali ostacoli si vogliono superare. Solo così il percorso di crescita avrà una direzione chiara e sarà davvero efficace. Ad esempio, in un progetto con un team di vendita, abbiamo identificato che la principale difficoltà era affrontare le obiezioni durante le trattative con i clienti. La formazione, quindi, si è concentrata su simulazioni di negoziazione e strategie di comunicazione mirate. Questo ha portato non solo a un miglioramento nelle performance di vendita, ma anche a una maggiore fiducia del team nell’affrontare situazioni critiche.

I benefici più evidenti di questo approccio sono tanti, ma ce ne sono altri meno visibili che, in realtà, fanno la differenza nella relazione tra manager e collaboratore. Eccone tre:

  1. Motivazione: Una persona a cui viene dedicata attenzione e risorse si sente al centro di un progetto. Questo genera un senso di appartenenza e spinge a dare il massimo.
  2. Fiducia: Accompagnare la crescita di un collaboratore significa costruire un rapporto basato sulla fiducia reciproca. Il manager che investe tempo nella formazione dimostra di credere nelle potenzialità della sua squadra.
  3. Responsabilizzazione: Coinvolgere attivamente le persone nella progettazione del proprio sviluppo le rende più consapevoli e responsabili del proprio percorso, favorendo l’autonomia e la proattività.

Un manager che si occupa della crescita del proprio team non solo contribuisce a sviluppare competenze, ma costruisce relazioni più solide e un ambiente di lavoro più motivante e collaborativo.

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